Diritto del lavoro 4.0

Il diritto del lavoro è destinato a sparire nel quadro della nuova rivoluzione industriale. Perché, se il lavoratore si farà imprenditore di se stesso, i suoi rapporti con il committente si regoleranno in base al diritto civile/commerciale. Perciò il nuovo diritto del lavoro è destinato ad essere quello della difesa della concorrenza, con i suoi criteri di correttezza nel rapporto tra aziende e di divieto dei cartelli e dell’abuso di posizione dominante.

Una società liquida, una economia globalizzata e una folla di lillipuziani divisi di fronte ai 62 Gulliver, non consentono più la vita e la vitalità di un diritto del lavoro del ‘900, con i suoi criteri di difesa ad oltranza del contraente più debole, quando ci sono miliardi di potenziali contraenti molto più deboli ma, nello stesso tempo, molto più aggressivi sia sul piano delle energie profuse che delle competenze acquisite.

Mentre la connettività, sempre più diffusa e capace, non richiede nemmeno lo spostamento fisico di persone e dati, trasferendo il lavoro su una nuvola. Così il lavoro agile o condiviso diventa una prestazione d’opera prevalentemente intellettuale che non sopporta limitazioni o vincoli di diritto nazionale, per il semplice fatto che può scavalcare le frontiere senza transitare da alcuna dogana.

Allora, per evitare che comunque si venga a creare una situazione in cui tutti i diritti siano sequestrati da una parte, mentre all’altra restano solamente i doveri, senza garanzie di sorta, bisogna costruire un nuovo sistema, non più sinallagmatico ma, almeno tendenzialmente, trilaterale, nel quale lo Stato nazionale può, e deve, fungere da garante di ultima istanza, assicurando al cittadino quella serie di diritti minimi che la nostra cultura considera oramai indispensabili.

Infatti, soltanto uno Stato che capisca la situazione e voglia affrontarla con efficacia, può assumersi la garanzia sussidiaria dei diritti economici e civili del suo cittadino rispetto ad un committente, nazionale o internazionale, eventualmente inadempiente o espropriatorio, con una specie di tutela consolare allargata e con una maggiore competenza della autorità garante della concorrenza, come pure con una nuova considerazione della concorrenza sleale.

Quando il mondo cambia non si può fare finta di niente e non si deve continuare a vivere come prima. Bisogna adeguarsi, anche a costo di ribaltare le proprie concettualizzazioni e le vecchie abitudini interpretative. Bisogna che tutto cambi, non perché gattopardescamente tutto resti tale quale, ma perché si salvi, nelle diverse forme compatibili con una modernità sconvolgente, ciò che è essenziale: la dignità del lavoro.