Essere o non essere ancora tolleranti

Malgrado tutto e tutti noi non possiamo che continuare ad essere tolleranti e a restare fedeli al comandamento voltairriano secondo cui possiamo odiare le idee dell’altro ma dobbiamo combattere, fino alla morte, perché l’altro possa esprimerle! Ma, sia chiaro, rispettare le idee di tutti, a prescindere da qualunque credo religioso, non significa, non può e non deve significare, consentire di vilipendere, osteggiare, contrastare, anche violentemente, le nostre idee.

La libertà nostra, la libertà di ciascuno e di tutti, si arresta, deve arrestarsi, là dove intacca la libertà dell’altro. E questo è un frutto della nostra cultura, civiltà, società. Un frutto che abbiamo fatto maturare con fatica, difficoltà, sforzo e non sempre siamo riusciti a gustare a pieno. Ma dobbiamo essere coscienti che una conquista ardua, come questa, non è per sempre, anche se ci eravamo abituati a darla per scontata, ma è da riconquistare ogni giorno.

Perciò, anche nel pieno rispetto delle idee, non possiamo fare a meno di pretendere da chiunque sia ospite delle nostre terre, o anche divenga nostro concittadino, il rispetto delle nostre regole. Quelle scritte nelle leggi e quelle consolidate nel costume da cui nessuno, per nessuna ragione, può essere esentato, in nessun caso; pur ammettendo tranquillamente usi e costumi che non intacchino tali regole.

Allora, se c’è qualcuno che, per qualunque ragione, religiosa o sociale, ci assale con armi letali e uccide persone inermi e innocenti, noi dobbiamo osteggiarlo in tutti i modi, fino a portare l’assalto nei luoghi da cui partono i mandati di morte, ma soprattutto stringendoci insieme, malgrado la reticenza di tanti di noi al rispetto delle stesse nostre regole, in una maggiore attenzione alle regole, non soltanto da rispettare ma anche da far rispettare.

E dobbiamo attivare, o riattivare, un meccanismo di allerta sociale che ci faccia pensare sempre che la risposta giusta non è quella di Caino, non sono io il custode del mio fratello! La risposta giusta è che ciascuno di noi è custode di un fratello, di una porzione di società, di un valore che comprende ma va oltre noi stessi. E, malgrado tutte le giuste indicazioni dei tecnici sulle modalità di comportamento in caso di attacco, dobbiamo pensare di poter reagire.

Quando c’è un tempo per pensare e quando la fuga non è possibile anche una folla inerme non può consentire ad alcuni, pochi, assalitori di portare a termine una mattanza. Se il terrorista segue una cultura di morte, degli altri oltre che sua, dobbiamo pensare di affrontare lui e la morte procombendo anche, ma non passivamente! Dobbiamo riabituarci ad avere coraggio, anche il coraggio della paura di scelte esiziali!