Contrappunto
Se è vero che il nostro mondo origina da una grande esplosione sembra che, da quel momento, sia iniziato un processo di ritorno al nocciolo primordiale, a meno che non si creda, invece, che la vera ed unica spiegazione della vicenda della natura risieda nella pulsazione.
D’altronde tutto sembra pulsare, sia dentro che fuori di noi: pulsa il cuore; pulsano le onde elettromagnetiche; pulsano le idee. E continuamente si alternano fasi di espansione a fasi di contrazione, preludio l’una all’altra e l’altra all’una.
Tuttavia, più ci proiettiamo fuori di noi, più ci ritroviamo chiusi in noi; più contempliamo una crescita, più ci ritroviamo sminuiti; più celebriamo un successo, più ci sentiamo sconfitti.
Misteri dell’animo umano, incognite della natura, oppure semplici effetti di quella eterna pulsazione dell’umana natura o della natura in genere? oppure semplici effetti di quell’eterno ritorno al nucleo originario?
Probabilmente ci avvitiamo su noi stessi come le eliche da cui siamo stati fatti e da cui possiamo essere o disfatti o rifatti.
I filosofi positivi avevano immaginato la storia in termini spiraliformi perennemente amplificati dal progresso; mentre, forse, è più opportuna una immagine della storia come una sprirale che ora si allarga ora si restringe, ora si allunga ora si accorcia.
La storia lungi dall’essere finita continua: superate le vecchie contrapposizioni, vengono a proporsi nuove contrapposizioni; sciolti i vecchi blocchi, ne nascono di nuovi; finite le guerre tra Stati, prendono piede guerre tra popoli, anche all’interno degli Stati; rinascono conflitti etnici e religiosi, che sembravano inconcepibili, prima.
Contemporaneamente avanzano globalizzazione e localismo, nuove unioni e balcanizzazione, multiculturalismo e intolleranza.
Cresce la ricchezza del nord del mondo, aumenta la povertà del sud del mondo; cresce la tolleranza del cristianesimo, aumenta l’intolleranza dell’islamismo; diminuisce la popolazione dei paesi avanzati, crescono i popoli più arretrati.
Aumentano le capacità della scienza di prolungare la vita umana e, nello stesso tempo, si moltiplicano le possibilità che la vita sia troncata.
Siamo in tanti ma sempre più soli; stiamo insieme ma non comunichiamo; né lupi, né dei, solamente altri agli altri: troppo occupati anche per poter pensare. Il nostro pendolo non oscilla più tra la noia e il dolore ma tra una indifferenza e l’altra.
Niente scandalizza, niente entusiasma. Ci salverà la bellezza? purché sia una bellezza sconosciuta ed esotica come quella dei Buddha dell’Afganistan.
Perché non facciamo una guerra per salvarli? non una guerra per interposta persona, ma una guerra dal vivo; non una guerra tecnologica, ma una bella guerra all’antica; la buona causa, la bella morte di tanti giovani salverà il mondo, loro stessi e noi.
Antonio M. Orazi
Gennaio – Febbraio 2001