La macchina per abitare

Se la casa è una macchina per abitare bisogna che sia dotata di un libretto di uso e manutenzione fornito dal costruttore/venditore, corredato di tagliandi di garanzia decennale eventualmente pagati con un canone annuo prefissato. Nuove imprese di costruzione possono offrire questo servizio di gestione del fabbricato anche rispetto a strutture antiche o vecchie.

La casa questa sconosciuta

La casa di abitazione sta diventando sempre più una macchina per abitare. Sempre nuovi e più sofisticati sono gli impianti che aiutano a vivere e a lavorare meglio, sempre più connessi e continuamente attivi.

E, nello stesso tempo, sempre nuove e più pesanti sono le responsabilità per le caratteristiche intrinseche e per i requisiti prestazionali degli immobili. Più stringenti regole sono vigenti sulle costruzioni in zone sismiche, sulla acustica dei fabbricati, sul rendimento termico.

Forse domani ci vorrà un patentino per abitare e gestire una abitazione così come oggi ci vuole un patentino per gestire una caldaia a pressione; eppure le persone normali, normali abitanti delle nostre città nulla o ben poco sanno di tutte queste regole.

Abitatori dilettanti

Tutti vedono e pagano le bollette delle utenze che sono legate all’uso della casa e si pongono vaghi problemi sui risparmi possibili in termini di consumi elettrici, con le normali accortezze di spegnimento delle apparecchiature e delle lampade non utilizzate, o con la utilizzazione delle lampade a risparmio energetico.

Tutti si pongono problemi meno vaghi, data la loro rilevanza economica, sui consumi energetici legati al riscaldamento e alla produzione di acqua calda, con il rispetto dei vincoli legali sugli orari di accensione e, soprattutto, con attenzione sia alle temperature ambiente che alla manutenzione, legalmente stabilita, delle caldaie.

Pochi si soffermano a considerare, data la apparente limitatezza del periodo di uso, l’assai più ingente consumo di energia legato al condizionamento estivo, che sembra sempre più vitale ad una pacifica convivenza di vita e di lavoro.

Alcuni, di recente si sono attivati, in conseguenza degli incentivi, per interventi di sostituzione delle caldaie, di installazione dei doppi vetri alle finestre, con la revisione delle stesse, e per l’applicazione di altri accorgimenti utili a limitare la dispersione del calore e altri, più informati o meglio consigliati, hanno effettuato interventi di isolamento delle coperture o delle facciate.

E ora si sta ponendo il problema della certificazione energetica dei fabbricati nella solita confusione delle norme di legge e di buona tecnica applicabili e, ancor più delicata, la solita confusione sulla qualificazione dei certificatori.

Nessuno ha considerato finora la casa come una macchina per abitare (salvo Le Corbusier, ma in altro senso); nessuno, a livello di utenti privati, considera la casa in una logica di consumo, piuttosto che in una logica di gradevolezza; nessuno considera il prezzo di acquisto della casa come ciò che si deve pagare per godere di un servizio nel tempo, piuttosto che per assicurarsi una proprietà.

Il mercato attuale

Mentre ben pochi a livello di operatori professionali, tecnici e costruttori edili, di là dallo scarso ricorso alla bioarchitettura, si sono posti finora come obiettivo della loro attività la fornitura appunto di un servizio piuttosto che di un prodotto.

Anzi le imprese, di là dalla considerazione reputazionale, hanno dissipato e continuano a dissipare un patrimonio di mercato che sarebbe loro per lungo tempo, se non per sempre.

Ma non è un caso, vediamo perché e vediamo se è configurabile una linea di azione innovativa.

Dalla parte dei costruttori

Perché il mestiere del costruire che è, senz’altro, uno dei più vecchi mestieri del mondo è un mestiere non regolamentato; nel senso che chiunque voglia può intraprenderlo senza dover dimostrare di avere una qualunque competenza tecnica o professionale, salvo nel caso in cui voglia assumere appalti pubblici.

Perché le imprese edili italiane che, di recente, hanno visto una crescente presenza non soltanto di addetti comunitari ed extracomunitari, ma anche di titolari di azienda non indigeni, sono imprese poco strutturate, con un numero medio di 4 addetti, fino ad identificarsi spesso nel titolare, lavoratore autonomo.

Perché, nella ipertroficità della regolamentazione pubblicistica del prodotto costruzione edile – normativa civilistica e amministrativa, normativa urbanistica e tecnico-edilizia, normativa sull’igiene, salute e sicurezza – il processo del costruire è finito e continua a restare in un cono d’ombra di elusione e di evasione dal marasma normativo.

Dalla parte dei clienti

Perché il mercato, nel quale si sono scontrati e continuano a manifestarsi opposti ideologismi, caratterizzati dall’intento di massimizzare la rendita fondiaria, volendo costruire tutto e di più, o di negare il bisogno abitativo, tendendo a osteggiare in tutti i modi la trasformazione del suolo e del paesaggio o anche dei fabbricati esistenti, finisce per premiare i peggiori competitori.

Perché il cliente finale, l’acquirente, malgrado l’importanza dell’acquisto della casa di abitazione sia per il bilancio che per la vita familiare, finisce per accostarsi e definire tale acquisto avendo minori informazioni e avendo maturato una minore competenza di quando si accosta all’acquisto di una autovettura.

Acquisto, quello della casa, che è più spesso condizionato da tutta una serie di condizioni estrinseche o puramente estetiche piuttosto che dalla reale consistenza fisica, da concetti di durabilità o, meglio, di costo d’uso o di gestione del bene.

Malgrado il bene casa sia tassato prima, durante e dopo il processo costruttivo e, poi, durante tutta la vita del bene stesso, quand’anche esso sia utilizzato dallo stesso proprietario o, ancor più, quando esso sia lasciato a disposizione senza essere utilizzato affatto.

Eppure più dell’80% degli italiani è proprietario di una o più abitazioni. Eppure il bene casa, malgrado un certo altalenio dei prezzi di mercato, finisce sempre per rivalutarsi. Eppure la casa è alla base della nostra sicurezza, economica e psicologica, come popolo e come singoli individui.

Non va infatti mai dimenticato che gran parte del patrimonio immobiliare degli italiani compone le città e i centri urbani che hanno fatto la storia del mondo, la storia dei comuni e dei principati, la storia degli stati preunitari, prima ancora che la storia dell’Italia attuale.

E va considerato quanto sia difficile e delicato tanto conservare quanto, soprattutto, mantenere idoneo all’uso un simile patrimonio, adeguandolo alle diverse funzioni e alle sempre maggiori esigenze della vita moderna.

Allora andrebbe premiato il ruolo di chi vive e mantiene il suo pezzo della città e, nello stesso tempo, valorizzato il compito di chi contribuisce, con competenza e amore, a tale manutenzione.

Mentre, come l’industria nella definizione di Churchill, viene sempre considerato una vacca da mungere, il proprietario di case invece porta un pesante fardello sulle sue, spesso deboli, spalle.

La tutela del consumatore

Eppure già il codice civile del 1942 prevedeva in tre articoli (art.1667-difformità e vizi dell’opera, art.1668-contenuto della garanzia per difetti dell’opera, art.1668-rovina e difetti di cose immobili*) nel capo dell’appalto un’ampia serie di garanzie che l’appaltatore o, comunque, il costruttore doveva assicurare al committente o all’acquirente.

Garanzie che, nel tempo, si sono venute meglio precisando, soprattutto in via giurisprudenziale, e anche arricchendo con la diffusione di sistemi di copertura assicurativa che, peraltro, scontano l’opacità del contratto di assicurazione e l’atteggiamento notoriamente poco aperto delle compagnie di assicurazione.

Certo è che da tali obblighi legali non è scaturita né una offerta di servizi post-vendita né, in alternativa, una proposta di servizi evoluta sulla manutenzione e sulla gestione immobiliare.

O meglio, proposte di servizi evolute in tema di global service o facility management, negli ultimi anni, sono state avanzate e sono in atto da parte di grandi gruppi nei confronti di grandi proprietari pubblici e privati, ma proposte similari, salvo piccoli tentativi, non hanno mai coinvolto organicamente né la piccola e media impresa edile né la piccola proprietà immobiliare.

Verso un nuovo mercato

Chiaramente, in un mercato dominato dalla domanda, nel quale si punta al massimo ribasso e non si considera né la qualità intrinseca del costruito né il rendimento della macchina per abitare e lavorare, qualunque ipotesi di gestione del fabbricato in una logica di manutenzione programmata e, quindi, basata su un canone periodico non poteva che sembrare uno spreco.

Il proprietario, anche in relazione alla scarsa redditività e alla alta tassazione dell’investimento immobiliare, finisce per affidarsi alla fortuna e per affrontare le manutenzioni come un male da cui difendersi, fino a rottura.

Il costruttore, nell’incertezza sulla esatta consistenza di una macchina sulla quale non sempre – per non dire quasi mai – sono intervenute officine autorizzate, non intendendo investire in una analisi diagnostica completa, si sente costretto a fare proposte o ad alto costo, se il canone è fisso o scarsamente variabile, o a fare proposte senza canone, per evitare ritorni negativi.

Era necessario prima e, forse, è indispensabile oggi, quando si comincia a pensare a quella che sarà la stagione delle costruzioni che seguirà la crisi economica generale attuale, quando è difficile immaginare che possa riproporsi un decennio di continua crescita dei volumi prodotti, anche con scarsa attenzione alla qualità del prodotto, costruire una nuova forma di offerta.

Ovviamente si parla di edilizia non soltanto realizzata con tutti i crismi della legalità ma anche con nuove attenzioni al rendimento, alla confortevolezza, alla sicurezza complessive della macchina abitativa.

Ovviamente si parla di imprese edili non soltanto regolari e corrette ma anche più attente sia alla qualità del lavoro dei loro addetti che alla soddisfazione persistente dei loro clienti e degli aventi causa da questi.

Ovviamente si parla di ipotesi che possano essere variamente articolate e gestite ma, ed è questo quello che più conta, si vuole indicare una linea di tendenza del mercato, nel mercato, che veda una maggiore responsabilità dell’offerta.

Perché il mercato torni ad essere, come dovrebbe essere, ma come è soltanto in letteratura, il luogo in cui si confrontano le offerte in termini di omogeneità e si possano scegliere basandosi sulla qualità.

Intendiamoci: per qualità non deve intendersi altro che la rispondenza del prodotto alle specifiche richieste o dichiarate; qualità non è eguale ad alta qualità o lusso; la qualità può essere economica, non soltanto nel senso che potendo acquistare un prodotto con caratteristiche superiori si può pensare di dover avere minori spese di gestione, ma anche nel senso che, non potendolo o non volendolo fare, si può accettare un prodotto con caratteristiche inferiori, rinviando ad altro tempo una spesa.

Quindi possiamo riprendere l’immagine della macchina che ha il libretto contenente le caratteristiche tecniche, le componenti originali e quelle compatibili, le condizioni d’uso consigliate o prescritte, le manutenzioni prescritte o consigliate, le prestazioni normali, i costi di esercizio standard.

Una nuova offerta di servizio

Allora la proposta è semplicemente che i costruttori di immobili facciano, né più né meno, quello che fanno i produttori di macchine o, magari, facciano anche quello che la condizione del loro prodotto legato al territorio comporta, ovvero offrano eventuali servizi aggiuntivi.

In ipotesi: quando si vende una casa che è stata costruita “con sentimento” si consegna all’acquirente un fascicolo, diverso da quello previsto dalle normative sulla sicurezza sul lavoro, contenente tutti i dati sul processo costruttivo, oltre che del produttore, dal progetto alle autorizzazioni, permessi, licenze amministrativi; dall’elenco dei materiali impiegati e delle relative certificazioni ce agli schemi degli impianti; e con i tagliandi per la manutenzione programmata.

Insieme al contratto di compra-vendita si firmerà un contratto di appalto di servizi, nel quale sarà specificato l’impegno del costruttore a fare quanto previsto dal libretto di manutenzione di cui sopra, a fronte di un canone annuo – anche a partire dal secondo anno successivo alla messa in uso – fisso o variabile in relazione ad aumenti – superiori alla normale alea contrattuale (10%) – di prezzi di materiali e manodopera.

Tale contratto potrebbe essere configurato come vincolante per un certo tipo e una certa serie di garanzie aggiuntive a quelle di legge e potrebbe prevedere ipotesi di pronto intervento i casi di rotture o di emergenza, anche sul piano impiantistico.

Intuitivamente questa situazione, se correttamente gestita, dovrebbe portare ad una fidelizzazione del cliente immobiliare che, se non compra case come compra macchine, probabilmente compra più di una casa nella sua vita, di modo che qualora, o in occasione delle manutenzioni periodiche o al di fuori di tali occasioni, volesse fare interventi aggiuntivi sul proprio immobile, sarebbe portato naturalmente a rivolgersi, quanto meno in prima battuta, al costruttore-venditore. E un meccanismo analogo potrebbe trovare spazio per le compravendite di usato, con formule contrattuali innovative.

Una nuova dimensione dell’impresa di costruzione

Un siffatto tipo di offerta commerciale potrebbe anche portare ad una mutazione della configurazione organizzativa delle imprese di costruzione.

Nel senso che le imprese maggiori dovrebbero creare al loro interno divisioni specializzate per la gestione della manutenzione programmata o per il pronto intervento, mentre le imprese minori potrebbero o stabilire rapporti stabili di partenariato con altre imprese specializzate, appunto, in manutenzioni o dovrebbero aggregarsi per creare strutture consortili ad hoc da destinare a tale funzione, come pure al pronto intervento.

Strutture che, a bene vedere, sarebbero benvenute sul mercato, non soltanto in prospettiva di questa nuova offerta, ma anche per quei nuovi servizi di cui si è fatto cenno sopra (global service o facility management) che, tra l’altro, è bene si sviluppino anche in relazione alle realizzazioni, che dovranno intensificarsi, di opere pubbliche con risorse private (project financing) che, come è noto, richiedono una manutenzione per tutta la durata dell’ammortamento finanziario.

Lucca, 15 gennaio 2010

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*) Art. 1667. Difformità e vizi dell’opera. L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza , denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati. L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia , purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.

Art. 1668. Contenuto della garanzia per difetti dell’opera. Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore. Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.

Art. 1669. Rovina e difetti di cose immobili. Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia.