Stato privato

Come di consueto, a dicembre, si parla molto della Legge Finanziaria per l’anno successivo; le cronache giornalistiche illustrano le novità buone e cattive che il mitico Legislatore sta predisponendo a vantaggio e, prevalentemente, a svantaggio degli italiani e così, spesso, la cronaca del futuro si diffonde anche più ampiamente della cronaca del presente.

Quest’anno 1998, mentre ancora rimbombano i suoni dei crepuscolo degli dei scaligero e le polemiche piuttosto sul contorno che nel merito della rappresentazione, cominciano ad echeggiare le voci degli dei del crepuscolo italico e i dibattiti sia nel merito che nel metodo della legislazione.

Infatti, con la sessione di bilancio si porta in approvazione tutto quanto non si avrebbe forse il coraggio di proporre in altri momenti di discussione parlamentare, come è il caso della polizza obbligatoria contro le catastrofi.

Per la verità la polizza non è obbligatoria, alla stregua della polizza per responsabilità civile degli autoveicoli, ma e come se lo fosse, dal momento che il nostro per sé oculato Governo prospetta l’eventualità che i proprietari di immobili siti in zone a rischio sismico o esposte ad altri rischi, in caso di calamità naturali, non siano più indennizzati dallo Stato, come è avvenuto fino ad ora.

E i commentatori parlano subito, non senza ragione, di una (ennesima) rottura del patto di solidarietà tra Stato e cittadini.

Ma, anche in questo caso, non bisogna dolersi di questa velleità del Governo di sinistra di scaricare sulla proprietà immobiliare il costo del rischio, certo, di una ricostruzione per un terremoto oggi o per una alluvione domani, come è accaduto, ieri, per Firenze, per l’Irpinia, per il Friuli, per la Versilia e, oggi, per l’Umbria e le Marche, per citare soltanto alcune delle recenti catastrofi naturali che hanno afflitto e ancora affliggono gli italiani e pesano sull’esausto bilancio dello Stato.

Non bisogna dolersi per diverse ragioni: in primo luogo perché lo Stato non sa prevenire come dovrebbe quanto è prevenibile; in secondo luogo perché lo Stato non sa gestire con costi ragionevoli operazioni di ricostruzione efficienti ed efficaci; in terzo luogo perché lo Stato non dovrebbe fare quanto i privati possono fare da soli e meglio.

E’ questa una delle applicazioni del famoso principio di sussidiarietà di cui tanto si parla, spesso a sproposito, in relazione alla Unione europea e in prospettiva di un decentramento amministrativo vero e proprio.

Non soltanto dobbiamo accettare di buon grado questa applicazione delle sussidiarietà, ma dobbiamo altresì pretendere che, da un lato, quanto non è sussidiabile come, nelle catastrofi naturali, la prevenzione e il pronto soccorso, sia ben organizzato e reso perfettamente funzionale, mentre dall’altro lato sia inserito in sussidiarietà tutto il possibile.

La sussidiarietà, così intesa e applicata, scatenerebbe il mercato, la concorrenza, la competitività; quindi determinerebbe la possibilità di scelta e, conseguentemente, darebbe più libertà.

Peraltro bisognerebbe che lo Stato rinunciasse alle sue pretese esasperate di fiscalità sul bene casa, specialmente se si tratta della casa di abitazione principale o secondaria o, comunque, di un bene che, per qualunque ragione, non produce reddito; così pure bisognerebbe che le tasse fossero effettivamente commisurate ad un servizio realmente prestato, o alternative all’acquisto di analogo servizio sul mercato.

Ad esempio, se gli automobilisti possono scegliere la compagnia di assicurazione presso la quale debbono assicurarsi per poter far circolare un autoveicolo; se i proprietari di case dovranno fare qualcosa di simile per coprirsi dai rischi del terremoto o dell’alluvione; perché gli imprenditori non possono scegliere una compagnia di assicurazione alternativa all’INAIL, per la copertura degli infortuni del lavoro dei lavoratori dipendenti, o all’INPS, per una copertura previdenzialistica, o al SSN, per la copertura del rischio di malattia?

E via di questo passo: se dobbiamo assicurarci privatamente tanto vale che ci assicuriamo su tutto; se dobbiamo pagare i servizi pubblici tanto vale che ce ne scegliamo i gestori.

Privatizziamo lo Stato; e così potrà tornare a fare quello che esso solo può fare: rappresentare gli interessi della Nazione nel mondo; tutelare la sicurezza del Paese e dei cittadini; amministrare la giustizia penale; regolamentare e controllare, insieme alle specifiche istituzioni internazionali, il mercato.

dicembre1998