Temporeggiando pallido e assorto

La Storia e l’immaginario collettivo celebrano i grandi, i superbi condottieri, gli alessandro magno e i napoleone, i vincitori di grandi battaglie, i costruttori di imperi, le magnifiche epopee, e dimenticano, o almeno lasciano in un angolo della memoria, i grandi, i timidi conservatori, i fabio massimo cunctator e i kutusov, che fermano le grandi avanzate e vincono le guerre cambiando la storia. È giusto così: la fiamma che brilla affascina di più della brace che brucia, ma se il primo passo di una lunga marcia va ricordato e celebrato anche i passi seguenti vanno considerati.

E, a volte, i passi seguenti sono più importanti dei primi, anzi è la sequenza che conta più di tutti i singoli passi messi insieme. Allora possiamo rileggere con diverso spirito, tutt’affatto consolatorio, la massima olimpica della partecipazione più importante della vittoria. Allora possiamo pensare che, se il primo prende tutto, quel tutto è soltanto quanto c’è all’inizio, in quel momento, poi c’è sempre dell’altro. Poi la storia continua. Il primo apre la strada, chi segue la amplia, la consolida, la prolunga tanto che, a volte, la strada finisce per giungere dove era impensabile che potesse arrivare.

Cosicché può giovare non essere i primi ma limitarsi a seguire, trovando una traccia del percorso e un primo sentiero battuto. Quello che è forse più difficile è capire chi sono i primi, chi seguire. È importante avvertire sempre il senso del cambiamento che è nell’aria. L’innovazione non è fatta soltanto di pochi, piccoli o grandi, balzi ma di tanti brevi passi, in avanti o di lato. Seguire non è un’onta. Ritardare può essere vantaggioso e benefico. Può servire a capire come meglio combinare le nuove, differenti idee in altri contesti, come sviluppare percorsi alternativi o su piani diversi.

Non siamo nani sulle spalle dei giganti: siamo tutti nani e, uno sulle spalle dell’altro, superiamo tutti i giganti veri o possibili. Basta saperlo e non temere di montare sulle spalle di un altro come noi. Basta pensare di non rubare null’altro che un’ombra, che è frutto soltanto della luce che tutti ci illumina. Una luce che possiamo anche chiamare: il sole dell’avvenire. Quello solo che possiamo dirci è quello che non sappiamo, purché vogliamo cercare di sapere qualcosa d’altro, purché siamo liberi di cercare sempre nuove verità.