Tytanic, a mo’ di scena di teatro futurista sintetico

La scena: il giardino di una villa lucchese.

Il personaggio: un ometto di mezza età, con i capelli neri e i baffi brizzolati; folti, a manubrio, vestito elegantemente con un panama e una canna da passeggio, porta occhiali da vista affumicati.

Il 13 giugno 1996 sul far della sera.

Il personaggio entra in scena camminando con passo incerto, la testa inclinata a destra; si sofferma e poi riprende a camminare con passo deciso verso una panchina all’ombra.

Raggiunta la panchina si siede di traverso e accavalla le gambe non senza controllare che la piega dei calzoni non si acciacchi più dello stretto indispensabile.

Si toglie il cappello, lo appoggia sul ginocchio e inizia a parlare con voce bassa rivolto al pubblico.

“Le cronache della calura ci mostrano le spiagge affollate di italiani e stranieri adeguatamente disabbigliati.

Gli articolisti ci somministrano ampie disquisizioni sulle mete, più o meno esotiche, prenotate dai compatrioti della vacanza.

E tutto ciò ci viene spiegato con l’idea che gli italiani hanno superato una certa qual sindrome dell’austerità degli ultimi anni.

Eppure il primo profeta dell’austerità, ai tempi della crisi del petrolio, è stato il triste Cavalier Berlinguer; le domeniche a piedi, in bicicletta o in carrozzella e, poi, a targhe alterne, Voi ve le ricordate? Io si.

Il consumismo è un obiettivo di critica aspra e sempre fresca sia da parte degli uomini della Chiesa di Roma sia da parte degli uomini di quella che, una volta, si chiamava la Chiesa di Mosca.

Che dire poi dell'”edonismo reaganiano” di famigerata memoria?

Oggi, sotto il primo governo della sinistra, quando la salvezza dellaPatria, nella confusione dell’integrazione europea sembra appesa ad un filo, nessun Catone censura la spensieratezza degli italiani.

Nessun Solone pensa di disciplinare i viaggi a Cuba, le escursioni sulle isole del Golfo di Napoli-Bassolino o le villeggiature al Forte-Agnelli.

Si balla sul Tytanic che affonda?

E nessun profeta di sventure in atto dice niente?

Perchè? forse per rispetto al nuovo avanzato.

O forse perchè gli italiani si sono meritati tutto ciò che hanno e tutto ciò che non hanno.

Dal momento che gli italiani che lavorano, lavorano molto e bene; gli italiani con un posto di lavoro spesso lavorano il doppio e, a volte, anche dandosi da fare meno, vengono pagati due volte; infine gli italiani che fanno finta di essere disoccupati spesso lavorano e guadagnano più degli altri.

E i giovani, questi nostri poveri, baldi giovani? I nostri giovani, figli di una scuola minore e di una famiglia impresa, che fanno? semplicemente se ne fregano.

Loro non vogliono un lavoro per campare una vita, per farsi una famiglia, per comprarsi una casa.

Loro vogliono un lavoro che li soddisfi, in cui si realizzino, per cui si sono qualificati scolasticamente. Vivono in casa del Padre, spendono la pensione, invalidità vecchiaia e superstiti della nonna pensionata baby, concumbono, ma con attenzione e se la godono più che possono e fanno bene.

D’altronde gli italiani sono ricchi, è lo Stato che è povero.

Ma sapete che vi dico? Io ne ho abbastanza e me ne vado al mare, anche se il mare non mi piace e non so nuotare.

Finchè c’è sabbia c’è speranza, come diceva il Sabbiaiolo di Torre del Lago.

Il personaggio si alza dalla panchina, controlla che i calzoni caschino bene, si rimette il cappello con due mani, una davanti e una di dietro, si avvia dalla parte opposta a quella da cui è arrivato ed esce dalla comune.

giugno 1996