Contrappunto
Oramai la lira ci ha lasciato e, dopo averci dato tanto, sta cominciando a riposare in pace nei sacelli delle banche, prima di finire al macero.
Resterà nella storia, resterà nella memoria, resterà nel rimpianto, forse.
Quello che conta è che, insieme alla lira non finisca al macero l’idea della nazione italica, già ad alto rischio, per via del catastrofico andamento demografico.
Certo è che, malgrado l’unità monetaria, le differenze rimarranno; e, quand’anche gli italiani sparissero, la creazione millenaria del carattere italico, frutto di innumerevoli incroci, non sparirà.
Inoltre, la specificità variegata della penisola, con tutte le sue differenze tra il nord alpino, il sud mediterraneo, l’ovest tirrenico, l’est adriatico, il centro appennico e lacuale, e con le sue isole ad alta densità di specialità, non potrà omologarsi mai al canone europeo.
Evviva la differenza. Infatti, malgrado tutto quanto ci affligge di un sistema sociale e statale ancora troppo al di sotto dei normali schemi di governo delle civili convivenze occidentali, non possiamo non essere orgogliosi di essere italiani.
E, fortunatamente, pur divenendo europei, resteremo diversi e, divisi da una moneta comune, potremo tornare a perseguire la nostra linea di sviluppo autonoma, allo stesso tempo più globalizzata e più localistica.
Perché, in effetti, dopo 1 ‘impero romano che aveva fatto del mondo conosciuto un unico, grande Stato, già le nostre piccole repubbliche, le nostre città stato, le signorie, pur basate su un piccolo e, spesso, povero territorio, hanno realizzato, prima e meglio, dei grandi Stati nazionali e degli imperi estesi sulle terre emerse e sui mari oceani, una sorta di globalizzazione.
Anche perché, dopo 1 ‘impero romano, che aveva diffuso nel mondo conosciuto una unica, grande cultura, già le nostre piccole patrie hanno realizzato un certo qual universalismo culturale.
Un globalismo sempre legato indissolubilmente, e ancor più legato, ai valori, ai sapori, allo spirito del luogo.
Allora, denigriamoci pure, con una certa qual falsa modestia, come per un gusto masochistico di primato negativo. Ma ricordiamoci sempre, non chi siamo stati, ma chi siamo ora, come Nazione, perché lo Stato è un ‘altra cosa.
Infatti, forse è vero che governare gli italiani non soltanto non è possibile, ma è inutile.
Antonio M Orazi
Gennaio – Febbraio 2002