Con tutto il rispetto per la Grecia, la storia e la cultura greca, che sono anche nostre, come europei, e il dovuto rispetto alla sua democrazia va detto che, nel 21° secolo, una nazione civile non può venir meno al rispetto dei patti, e di certo la Grecia è un Paese civile.
Ma, a parte il fatto che bisogna pur cominciare a costruire una Europa veramente unita e solidale e, a questo effetto, ogni provocazione del nuovo governo greco può essere salutare, perché non vedere se c’è una via d’uscita dalla crisi del debito che salvi le diverse esigenze delle parti in causa?
Teniamo conto che la Grecia non si è indebitata per comprare armi, come è avvenuto e avviene ancora in molte parti del mondo, ma per mantenere uno sgangherato Stato sociale, nel quale – come sappiamo bene – è facile che dilaghi la corruzione e l’inefficienza.
Allora, senza affettare nessun atteggiamento di superiorità né, tanto meno, uno spirito correttivo bisognerebbe che l’Unione europea aiutasse la Grecia, non soltanto finanziariamente, ma anche in tutti i modi possibili, a ricostruire schemi amministrativi e sociali più efficaci.
D’altro canto, come è giusto e opportuno – perché se la responsabilità non la troviamo nello Stato dove la vogliamo cercare? – bisogna che anche la Grecia faccia la sua parte, come qualunque debitore insolvente : vendendo parte del patrimonio.
La Grecia ha più di 6.000 isole e un enorme potenziale turistico e ricettivo, perciò non dovrebbe essere difficile, anche in un periodo di crisi come l’attuale, mettere a frutto una parte di questo patrimonio, non per pagare i 300 miliardi del debito pubblico ma almeno per far fronte alle rate.
Ovviamente perché una vendita immobiliare possa avere il miglior successo possibile bisogna che il proprietario offra il bene libero da vincoli e, di solito, questa libertà il privato venditore non può garantirla, mentre uno Stato può ben farlo, volendo.