Metaclassificazione dei lavoratori

Premesso che, nelle fabbriche si sa chi lavora bene e chi no e chi sa fare anche altre cose, oltre quelle normalmente richieste, nonché chi è disponibile a dare una mano, quando serve, l’inquadramento contrattuale è divenuto, nell’evoluzione maligna della contrattazione collettiva nazionale, che è l’unica a cui fare riferimento, salvo i rari casi di multinazionali, una delle tante finzioni del lavoro.

Con il sindacato che, attaccandosi alle fumisterie delle declaratorie, cerca di guadagnare punti tessera, prima a livello di grandi gruppi, poi anche a livello di gruppi piccoli o di singoli individui (protetti o occasionalmente meritevoli) e l’azienda (specialmente PMI, ma non solo), che sta al gioco, dando un po’ di ciò che è richiesto e, per il resto, facendo un po’ come le pare, soprattutto tenendo conto del  livello della “disponibilità” del soggetto e con un’ottica premiante, che può ampliarsi in tanti altri termini, monetari e non monetari.

E, se questo ragionamento era valido prima, lo è ancor più ora, quando il cambiamento si è fatto concitato, la produzione è diventata programmabile solo a breve termine e la consegna nei termini richiesti la condicio sine qua non del mantenimento del cliente.

Perciò la gestione della classificazione dei lavoratori è, in verità, uno dei tanti modi di barare nel rapporto di lavoro, eludendo per quanto possibile la legge, applicando creativamente il contratto collettivo, dando soddisfazione ai migliori senza mortificare troppo i peggiori. In definitiva un gioco delle parti per reggere la comoedia del lavoro, tenendo la barca pari e cercando di far funzionare le cose.

In conclusione si può dire che, senza poter vivere le dinamiche reali, è difficile capire la squallida realtà dei fatti (i sindacalisti sono bravini a truccare le carte), che però servono  a mandare avanti le fabbriche. Ormai sarebbe forse meglio superare del tutto le classificazioni, pagando il lavoro à la carte, come, dove, quanto, quando viene prestato!

v. https://amorazi.wordpress.com/2016/04/30/il-lavoro-senza-classificazioni/